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Sogno di Primavera

 

Stavolta assieme all'amico Fausto, a distanza di una settimana mi trovo nuovamente alla base del versante nord di Monte Canale nel gruppo del Sirente (Appennino Abruzzese), per scalare la via invernale Sogno di Primavera che sale nella profonda e incassata gola che si apre tra la linea principale della montagna ed il suo avancorpo, detto "Pala" a causa della sua forma.

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All'interno della goulotte, che offre decise e costanti inclinazioni, abbiamo preferito salire in progressione di cordata arrampicando sempre sopra una neve durissima e in un ambiente che ai nostri occhi ai lati offriva ripidissimi spalti rocciosi sempre in ombra, in basso un panorama che scivolava e in alto un gendarme di calcare che andava aggirato alla sua sinistra.

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A seguito di questa struttura mi sono ritrovato, a sostare con chiodo da me piantato per assicurare Fausto che seguiva, su un'esile sella guadagnata con qualche passo ancor più inclinato dei precedenti su neve farinosa, dalla quale alla nostra destra avevamo un bell'affaccio verso il Canalone Brecciarola. Da questo piccolo pulpito la roccia che avevamo di fronte e in alto, sebbene a vista pareva presentare difficoltà tecniche contenute era repulsivamente marcia e quindi da scartare. Come da relazione quindi bisognava riguadagnare la linea traversando verso sinistra su quello che noi abbiamo giudicato il tratto chiave della via: alcuni metri verticali quasi a secco di neve che per forza di cose erano da scalare con piccozze nelle mani e ramponi ai piedi.

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Non prima di essere calato di qualche metro dalla sosta, con attenzione e circospezione ho superato questo delicato passaggio che ci faceva lasciare definitivamente la "goulotte", ascesa fino a quel momento per finire così sul profilo principale del Monte di Canale e ritrovare la rassicurante neve per i ramponi.


Da qui seguendo l'ideale traccia che sale poco a sinistra della cresta, con un paio di lunghezze di corda siamo arrivati sulla sommità di un panoramico cocuzzolo roccioso. Poi con attenzione siamo ridiscesi per rocce e neve molle ad un intaglio, quindi ancora su per l'ultima fatica sul pendio sommitale, sul quale ho sudato arando la neve crostosa e non portante che in certi punti sfondava anche fin sopra il ginocchio, per giungere alla fine della scalata di questa bella via sulla vetta battuta dal vento.

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Giacinto "zeta zeta" Marchionni

pubblicato sul blog  Montagne sommerse11 marzo 2019

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