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Sirente online - Suggerimenti

Tutte le vie invernali qui descritte presuppongono una buona dimestichezza con il terreno misto, anche quelle che risalgono i più facili canali nevosi, dove sono presenti strozzature e salti di roccia: è il tipico terreno appenninico, dove anche a inizio e fine stagione è tutt’altro che raro trovare ghiaccio di fusione e si arrampica con i ramponi ai piedi. Negli approcci invernali alla montagna, vale quanto mai la regola di non sottovalutare le difficoltà, che spesso possono rivelarsi ben al di sopra di quelle che una superficiale impressione lascerebbe intendere, non fosse altro per il semplice fatto che le condizioni delle pareti e degli itinerari sono soggette a considerevoli mutamenti dovuti a improvvisi cambiamenti climatici, all’altezza e allo stato del manto nevoso, alle temperature; ed il terreno di salita può non corrispondere più a quello riscontrato da altri salitori.

 

Un problema da cui non si può assolutamente prescindere è il fattore rischio rappresentato dalle condizioni oggettive delle pareti, che su questa montagna sono spesso al limite critico. La presenza di grandi anfiteatri sommitali e la ripidissima inclinazione dei pendii rendono in particolar modo il settore centrale della parete nord pericolosissima, spazzata frequentemente da slavine di varia entità, di cui gli stretti e verticali colatoi alla base della montagna ne sono i naturali collettori. In particolar modo verso la fine della stagione invernale, con un brusco rialzo delle temperature. Va da sé che un pericolo così concreto innalza in maniera considerevole l’impegno richiesto da un’ascensione.

 

Per quanto riguarda le salite su roccia, la natura qui non è stata troppo benevola con l’alpinismo. Essa è in genere mediocre e in alcuni casi decisamente pessima. Non mancano però le zone con roccia molto compatta, al punto da costituire un problema per l’assicurazione, come per la Parete nord o alcune zone della Neviera. Ad ogni modo, molti itinerari saliti su questa montagna sono stati concepiti nel più puro concetto di alpinismo esplorativo, molto lontano dalle tendenze e dalle esigenze dell’arrampicata moderna. Non sono mancate negli ultimi anni in particolare, belle e significative realizzazioni.

 

Considerando che molte vie sono poco o nulla ripetute, se si eccettuano casi sporadici, gran parte delle vie descritte non sono attrezzate, per il terreno troppo mutevole ed i percorsi non sempre obbligati. Per quanto riguarda l’attrezzatura, occorre quindi valutare di volta in volta la possibilità di utilizzare i chiodi da roccia (la roccia dove è compatta spesso presenta fessure cieche), da ghiaccio solo in particolari condizioni, senza disdegnare leggeri fittoni da neve. Per il resto, la propria esperienza supplirà alla evidente difficoltà di assicurazione su questo tipo di terreno. Sempre utilissime possono risultare le protezioni veloci eseguite con nuts e friends. La scorta di cordini e fettucce per assicurazioni volanti e calate non deve mai mancare.

 

D’inverno gli avvicinamenti alle pareti sono quasi sempre lunghi e faticosi, in compenso in molti casi risultano utilizzabili gli sci. Stesso discorso vale per le discese, che possono risultare laboriose. Per chi è ai primi tentativi sulla montagna e conosce poco il terreno e l’ambiente, si consiglia di dormire sul posto (alcune delle vie salite in inverno sono state realizzate dopo aver bivaccato in loco) e attaccare alle prime luci dell’alba.

 

Nel descrivere gli itinerari si è cercato di dare un’immagine abbastanza varia delle possibilità che questo versante della montagna offre, dando valore alle vie non tenendo conto solo della difficoltà, ma soprattutto della loro bellezza estetica e delle valenze ambientali. Ribadendo che specialmente in inverno, su questo tipo di terreno, le relazioni e i dettagli non risulteranno mai esaustivi, le difficoltà tecniche saranno di conseguenza relative e mai uguali da ascensione ad ascensione. Proprio per questo, nel dare una valutazione d’insieme delle difficoltà, si è cercato di renderle omogenee tra loro per comparazione di impegno complessivo, dove al contrario la complementare gradazione tecnica dovrebbe meglio aiutare a descrivere l’impegno puro del limite dei passaggi. Il tempo di percorrenza indicato si riferisce esclusivamente all’itinerario di arrampicata. Nelle note di ogni itinerario si è inteso dare anche notizia delle ripetizioni più significative effettuate.

 

Nel presente lavoro, a cui si è voluto dare anche una caratterizzazione di tipo storico oltre che tecnico, si è inteso menzionare alcune vie alpinistiche di cui purtroppo non si dispone di documentazione e riferimenti precisi. Nei decenni scorsi, quando sembrava eresia parlare di appenninismo o di attività alpinistica svolta su monti che non fossero i Sibillini o il Gran Sasso d’Italia, l’atteggiamento a volte estremamente schivo e discreto di molti alpinisti nel relazionare in qualche modo il frutto della loro attività esplorativa, ha fatto sì che oggi non si abbiano a disposizione notizie certe di alcune belle vie di salita. Questo, nonostante l’incessante ricerca condotta.

 

Per quanto riguarda la toponomastica, si è inteso utilizzare quella ormai consolidata tra i frequentatori della zona ed usata già dagli anni ’80; con la precisazione che alcune strutture ed emergenze esistenti erano in passato conosciute dai nativi con altre denominazioni, di cui di seguito si indica la corrispondenza:

Sperone sinistro della Neviera = Peschio Gaetano, Sperone centrale della Neviera = Peschio Pedone, Sperone destro della Neviera = Peschio dello Scurribile, Sperone di Mezzo = Peschio Fracido, Torre della Neviera = Altare, Canalone Majore = Valle Inserrata, Canalone di Monte Canale = Brecciarola, Il Palazzo = La Castellina, Canalone della Neviera = Valle dello Scurribile.

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