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Il Parco Regionale Sirente - Velino

Il territorio del Parco Sirente Velino è ritagliato intorno ai massicci montuosi del Sirente e del Velino. La tendenza a considerare queste montagne come un unico gruppo montuoso è una convenzione utile ad una classificazione geografica, che non trova però riscontro nella realtà. Esse presentano infatti notevoli divergenze ma anche similitudini non solo a livello geomorfologico, ma anche nelle caratteristiche naturalistiche ed ambientali. I monti delle due catene hanno una spiccata individualità, anche se la posizione geografica che occupano non può non generare, specie nelle zone di confine tra i massicci, considerevoli interazioni di carattere ambientale. Le particolarità orografiche di queste montagne hanno in un lontano passato contribuito all’isolamento degli insediamenti umani sorti alle loro pendici, ma sui diversi versanti, fino alla metà del secolo scorso, alcuni impegnativi valichi tra i due massicci erano abitualmente usati da boscaioli, cavatori di ghiaccio, carbonai e cacciatori, che per necessità più che per diletto erano a conoscenza delle zone più appartate dei monti.

 

Il Sirente e il Velino, insieme alle montagne distinte nei sottogruppi dei Monti della Magnola, delle Montagne della Duchessa, della Serra di Celano e di Monte Ocre/Monte Cagno, rappresentano geograficamente il centro del sistema montuoso abruzzese. Il loro insieme orografico è compreso tra le depressioni della Valle del Salto a sud ovest, la Valle dell’Aterno a nord e la conca del Fucino a sud. A est la ridente Valle Subequana mette in comunicazione con la Conca di Sulmona e la Valle Peligna, mentre a nord ovest le Montagne della Duchessa proseguono le loro linee oltre regione, saldandosi ai Monti del Cicolano nel Lazio. Nel Parco è presente la terza vetta dell’Appennino, il Monte Velino con i suoi 2846 metri; altre considerevoli elevazioni sono il Sirente (2348 m) che sovrasta l’Altopiano delle Rocche, il Costone (2271 m), il Monte Ocre (2204 m), i Monti della Magnola (2200 m), il Murolungo (2184 m).

 

Sulle quote più elevate del Velino, e in misura minore ma evidente anche sul Sirente, i fenomeni glaciali del Quaternario sono ancora presenti con imponenti e caratteristici circhi. Il fenomeno carsico è particolarmente presente specie a settentrionale del territorio trattato: doline, campi carreggiati, rocce fessurate e montonate, e ancora vistosissimi fenomeni di grandi cavità carsiche a forma di imbuto (la più celebre è la Fossa Raganesca), di grotte (Grotte di Stiffe), di inghiottitoi (Pozza Caldara) e laghetti relitti di più ampi bacini. Tra le praterie d’alta quota vanno segnalate particolarmente quelle dei Prati del Sirente, dell’Anatella, dei Piani di Canale, della Val d’Arano. Il Sirente, a causa della permeabilità del suolo, è particolarmente povero di acque superficiali e ha scarsissime sorgenti. I ruscelli che si incanalano sono attivi solo nella stagione invernale e primaverile. Di essi permane tutto l’anno solo il Rio Gamberale, che si versa nella Pozza Caldara. Anche tra le fonti e polle d’acqua solo tre rimangono tutto l’anno: Fonte dell’Acqua (1156 m), Fonte Anatella (1404 m) e Fonte Canale (1352 m).

 

Il paesaggio è alquanto omogeneo come tipologia su entrambi i versanti settentrionali dei due massicci, ma non mancano di certo gli aspetti peculiari che lo differenziano dalle altre montagne appenniniche: pareti rocciose che si innalzano a picco direttamente dalla faggeta sottostante, l’allineamento parallelo delle valli glaciali orientate a nord est, lo stesso isolamento geografico delle due montagne ai margini di ampie conche alluvionali del Pleistocene (del Fucino ad occidente e dell’Aterno a oriente). Un’ulteriore similitudine deriva dalla estrema aridità ambientale sui versanti meridionali dei due massicci, dove solo a nord si sono mantenute integre oasi di folta vegetazione, essendo quest’ultimo versante caratterizzato da un’esposizione più fresca e da una maggiore umidità. Viceversa, i versanti esposti a sud ovest sono costituiti da una vegetazione tipica di clima secco, meno evoluta a causa della forte insolazione e della conseguente ridotta umidità.

 

Nonostante la forte antropizzazione nel corso dei secoli, gli ambienti sono ancora miracolosamente in parte intatti, malgrado la vicinanza della Capitale, di grossi agglomerati urbani, delle autostrade e dalla incombente presenza di impianti e infrastrutture per il turismo invernale. Un microclima particolarmente rigido, difficilmente mitigato dalla presenza dei due mari Tirreno e Adriatico, consente un innevamento particolarmente abbondante fino a primavera inoltrata. La presenza ricca di essenze vegetali rintracciabili su rilievi non eccessivamente elevati, forniscono i presupposti per la formazione di importanti corridoi faunistici. La fauna selvatica in questi ultimi due decenni ha lentamente ricolonizzato tutti i più alti massicci appenninici, compresi quelli nel territorio del Parco. Sempre più frequenti sono le segnalazioni che riguardano la presenza dell’orso marsicano, del lupo, del gatto selvatico. Volpi, donnole e faine non sono rare; molto ricca è anche l’avifauna con la presenza di coppie di aquila reale, poiane, sparvieri, gheppi e numerosi uccelli di passo, tra cui in alcune stagioni figurano anche cicogne e gru. Comune è la vipera dell’Orsini, il ramarro e la salamandra. Indubbia è la presenza dell’istrice. Data la presenza diffusa di carnivori e in assenza di ungulati, al fine di ristabilire l’equilibrio biologico dell’area negli anni passati è stata pianificata dall’Ente Parco la reintroduzione di cervi, caprioli e camosci. Dagli anni ‘80 del secolo scorso i cieli sono tornati di nuovo ad essere terreno di gioco per il volo planato del grifone.

 

Anche la vegetazione del Parco è particolarmente ricca: tra i fiori più comuni, ma anche più caratteristici, va ricordato il Narciso, che nella tarda primavera ricopre le praterie degli Altopiani delle Rocche. Assai numerose anche le piante officinali quali la Genziana maggiore, la Belladonna, l’Iperico, l’Olmaria e la Frangola. Varie e cospicue le fioriture d’alta quota con l’Adonide curvata, la Linaria Alpina, il Ranuncolo della Majella e sui prati più alti e nei brecciai sommitali la classica Stella alpina appenninica. Abbondanti sono anche i frutti del bosco: fragole, more, lamponi e ribes e da non dimenticare i funghi, abbondanti su tutto il territorio e i tartufi della Valle dell’Aterno.

 

I boschi di faggio rappresentano una delle maggiori caratteristiche di questo Parco; primo fra tutti quello sul versante nord del Sirente, che si estende per oltre 12 chilometri, da Rovere fino a Gagliano Aterno. Vanno anche ricordate le faggete ai margini della Val d’Arano, Capo Pezza, Valle Majellama e Vallone di Teve. Tra queste essenze arboree non sono rari gli esemplari di grande altezza e plurisecolari, soprattutto tra l’Anatella, i Prati del Sirente e a Capo Pezza. Molto ricco anche il sottobosco. Numerosi sono anche i boschi di cerro e le zone di rimboschimento a Pino nero. Non mancano l’orniello, la quercia e il carpino. Di notevole interesse botanico sono alcune stazioni relitte di betulle nella Valle di Teve e in alcune vallette nel bosco alla base dei canaloni di S. Vincenzo e di Monte di Canale al Sirente.

 

Oltre ai valori naturalistici e ambientali il Parco Sirente Velino conserva notevoli interessi storici e archeologici. Numerosi sono i castelli distribuiti su tutto il territorio, come quello di Celano o i resti del Castello di Ocre. Chiese e conventi abbondano nelle vicinanze dei centri abitati. Elementi architettonici medievali sono presenti nei centri storici più conservati, come a Fontecchio e a Castelvecchio Subequo.

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