top of page

 

Una giornata surreale

 

Una giornata, direi, quasi surreale, per l’intensità dell’esperienza. Grazie anche alla macchinetta fotografica lasciata a casa. Con Paolo Gerosa si parte per sfruttare, forse, l’ultima giornata possibile prima del caldo che farà questa settimana, per intraprendere una bella salita. In testa girano due idee: una nuova linea diretta per Punta Macerola, proposta tempo fa da Cristiano Iurisci, e Artica. Sentiamo Cristiano alle 7.00 e ci dice che Artica non è scalabile e quando arriviamo ai Prati ci rendiamo conto perché, il termometro segna 3°. Anche l’altra linea, con queste temperature, è una grande incognita: il tratto chiave dei “Quattro moschettieri” (accesso alla parte superiore) è pressoché svuotato e sopra si presenta un troppo ripido canale di misto, con neve sicuramente molle vista l’esposizione del canale a est. Cristiano dice che forse Antartica, l’altra linea dura e storica della nord del Sirente, potrebbe essere in condizione però…

 

Ci proviamo Paolo?!!! Dopo aver attraversato il bosco ci rendiamo conto che del rigelo notturno non c’è traccia. Un’occhiata all’Arco naturale, ma non riusciamo a capire bene quali rocamboleschi giochi di corda dovremmo fare per effettuare il traverso della parte inferiore, ci dirigiamo verso l’attacco di Antartica. Slegati oltrepassiamo i salti svuotati iniziali e il lungo traverso verso sinistra, che ci porta a un primo salto in cui ci leghiamo. Presto raggiungiamo il tiro chiave. Il muro di 15 metri mi mette un po’ in soggezione: al centro una colata abbastanza larga e verticale ma, vista la consistenza della neve, improteggibile, a destra invece è più scoperto, dopo una prima rampa a 75°, tratti continui di misto con neve, salti a 90°, rocce a go-go ed erba, l’uscita sembra in qualche modo fattibile.

 

Non mi convinco. Recupero Paolo, ho bisogno del suo parere, penso di gettare la spugna. Non mi va di ripetere l’esperienza del canalino nord al Terminillo con neve inconsistente e passi a 85°. Paolo la guarda, non sembra del tutto scoraggiato e mi dà lo sprone giusto. Parto. Il resto è stata un’ora e passa di meditazione verticale: nella prima rampa i ramponi entrano quel che serve per dare un minimo appiglio, riesco a mettere un fittone, raggiungo le rocce e ci sbatto un chiodo lungo (che lasceremo qui per i futuri ripetitori), mi sento più sicuro, ma da qua in poi la neve sotto i piedi incomincia a cedere e le picche non hanno appigli tranne che nelle poche zollette d’erba. Trovo finalmente un altro chiodo buono, un altro rosso vecchissimo che sta lì lì per uscire (è di Guzzardi o di Cristiano? sembrava simile a quelli su Oltre il Sogno).

 

Arrivo al salto verticale, riesco a piazzare un friend che sarà provvidenziale perché, subito dopo, nel tentativo di superare il muretto, cede il terrazzino ed entra fortunatamente in tiro. Uuuuuhhhh… Poi lo passo, sono quasi all’uscita, che si rivelerà insidiosa per gli stessi motivi di instabilità, microfriend, dado, per fortuna il risalto superiore è leggermente ghiacciato, le picche entrano quel poco e riesco ad uscire trazionando. Questo tiro rimarrà solo nei nostri ricordi e in quel chiodo lasciato, perché bisogna ancora spiegare ai tecnici dell’IBM come fare le foto col telefonino (vero Paolo??) Poi recupero Paolo (azzeraaaaa!!!!) e gli propongo di ripartire per il salto successivo che sembra più formato.

 

Siamo nel colatoio principale e sono già le 13:00, da questo momento in poi è una successione continua di piccole slavine. Una pausa. Le raffiche di vento aumentano, mi metto il piumino e ci trovo il telefono che ricomincia a fare foto… evvabbé. Vai Paolo, è il momento giusto: fa veloce il tiro e, quando esce, manco a farlo apposta, quasi a marcare il ritmo della progressione, scende giù un’altra bella slavina che l’avrebbe preso in pieno. Io mi appiccico alle pareti, divento tutt’uno con la sosta e la vedo scorrere per tre interminabili minuti. Pausa. Parto io e mi godo il bel tiro, nel quale c’è addirittura del ghiaccetto. Poi i lunghissimi pendii intermedi che facciamo in conserva, e nei quali la resistenza di Paolo giocherà a nostro favore.

 

Le cornici sono grandi e pendono minacciose sulle nostre teste, fa caldo ma per fortuna il vento tira da NE. Si annuvola tutto e incomincia a vedersi poco. Alla fine due bei tiri, uno per arrivare sotto alle cornici e un bel traverso di 30 metri, un viaggio, sotto queste onde di neve che sgocciolano ininterrottamente, per raggiungere l’unico varco possibile. Il momento è magico. Non so se procedere più velocemente possibile o se fermarmi ad ammirare questa meraviglia. Finalmente siamo fuori! La visibilità è ridottissima e dopo dei tentennamenti per trovare il Gemello destro, ci fiondiamo giù a manetta. Quando imbocchiamo il bosco ci giriamo improvvisamente tutti e due al rombo di una valanga. Forse una mega cornice. Forse quella di Antartica... il saluto del Sirente!

 

Alla macchina ci arriviamo alle 19:00, dopo 11-12 ore di galoppata e una fame da lupi. Approfittiamo dell’orario tardo e andiamo a brindare all’ospitalissima trattoria a conduzione più che familiare della signora Anna a Borgo Rose (uscita a Valle del Salto). Merita!!

 

Emanuele D'Amico

pubblicato su profilo Facebook

bottom of page